Qualche giorno fa sono stato invitato a pranzo. Stavo chiacchierando con alcuni amici – anch’essi invitati – quando i padroni di casa hanno cominciato ad apparecchiare la tavola nella sala di fianco alla nostra. Al risuonare delle posate, dei piatti e dei bicchieri i nostri occhi si sono fatti più vivaci, i nostri sorrisi si sono aperti e ogni stomaco ha cominciato rumorosamente a farsi sentire:

Caspita! Ho l’acquolina in bocca. È proprio ora di pranzare, vero?

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Ha suggerito uno di noi. Eppure, fino ad un attimo prima, la fame era solamente accennata. Al tintinnare di forchette e coltelli è diventata il pensiero principale. Ma perchè viene fame al suono delle posate quando qualcuno apparecchia? Te lo spiego in questo strano articolo del mio blog di psicologia!

La psicologia della tavola apparecchiata

In psicologia, i primi a interessarsi di stomaci e forchette, sono sicuramente i comportamentisti. Il comportamentismo basa i suoi studi sull’osservazione dei comportamenti e degli atteggiamenti espliciti (ovvero visibili). Tra i tanti nomi che hanno reso famosa questa branca della psicologia, uno tra i più celebri è certamente quello del fisiologo ed etologo russo Ivan Pavlov.

Nel 1903, il 23 Aprile, durante il 14° Congresso Medico Internazionale, Ivan Pavlov espone il suo “The Experimental Psychology and Psychopathology of Animals”, esperimento che nel 1904 gli farà guadagnare il Nobel per la Medicina e la Fisiologia. Di che parlava questo esperimento? Proprio del perché quando sentiamo il rumore delle forchette quando si apparecchia ci viene l’acquolina alla bocca!

Nel suo esperimento, però, non ha coinvolto amici e parenti, ma bensì un cane. Studiandone i comportamenti, Pavlov è riuscito a spiegare perché al tintinnio delle posate ci viene fame, ovvero come uno stimolo incondizionato può associarsi a una risposta naturale del nostro corpo.

L’esperimento del cane di Pavlov: ovvero perché ci viene fame al suono delle posate

Siamo a San Pietroburgo (allora Leningrado), all’Istituto di Fisiologia e Medicina Sperimentale. In un laboratorio di ricerca un cane sta aspettando che Pavlov cominci la sua ricerca. All’animale sono state applicate alcune fistole per raccoglierne la saliva. Ecco, comincia l’esperimento:

Questo viene chiamato condizionamento classico!

  • Immagine 1 & 2: Somministrazioni divise

    Come prima cosa, Pavlov, somministra il cibo e fa suonare la campanella in due momenti distinti uno dall’altro. Durante queste due somministrazioni non vi è nessuna correlazione tra il suono della campanella e l’acquolina alla bocca del cane; mentre invece, come è facile intuire, il cane saliva quando gli viene data la ciotola!

  • Immagine 3: cibo e campanella assieme

    Al cane viene consegnato il cibo al suono della campana. Quindi, il cane mangia, saliva e intanto ascolta la campanella.

  • Immagine 4: il condizionamento classico!

    Nell’ultima fase dell’esperimento, Pavlov suona solamente la campanella. Cosa accade? All’udire la melodia, il cane (ricordando l’esperienza precedente) e aspettandosi quindi la ciotola comincia a salivare! Insomma, al solo suono della campanella, senza alcuna somministrazione di cibo, il cane aveva già fame!

Pavlov e il condizionamento classico

Con l’esperimento del cane, Pavlov teorizza il riflesso condizionato, detto anche condizionamento classico. Il condizionamento classico si verifica quando uno stimolo neutro (SN), come la campanella, viene associato a uno stimolo incondizionato (SI) – in questo caso il cibo – e quindi si tramuta in un segnale/stimolo condizionato (SC) che precede una risposta condizionata (RC).

SN+ SI= SC → RC

In questo caso, la risposta condizionata (RC) è la salivazione del cane anche senza presentargli la ciotola di cibo!

Hai capito come funziona? Pavlov ha scoperto come indurre un comportamento all’interno di una catena di azioni naturali. Il cane è “predisposto” a salivare alla vista del cibo; non di certo al suono della campanella. Ciò nonostante, abituandolo poco a poco, Pavlov è riuscito nell’impresa di far venire fame al cane anche al tintinnio della campana! Esperimenti simili hanno riportato i medesimi risultati: un altro caso famosissimo è quello del piccolo Albert, dove fu generata una fobia insolita ad un bimbo innocente!

La domanda da farsi ora è: noi, funzioniamo in modo tanto differente dal cane di Pavlov?

Dalle campanelle alle posate: il condizionamento classico della tavola apparecchiata!

Riprendiamo ancora la nostra tavola a mezzogiorno. Una forchetta, un coltello o un cucchiaio non sono certo delle pietanze appetitose: insomma, non si mangiano! Le posate, o meglio il loro suono, sono il nostro stimolo neutro (SN). Tuttavia, il loro sferragliare è associato a uno stimolo incondizionato: quale? Un bel piatto di spaghetti al pomodoro (SI), un succulento secondo (SI) o una torta speciale (SI). Pensa a qualsiasi portata possa farti brontolare lo stomaco (RI), ecco quello è il tuo stimolo incondizionato. E il brontolio? Beh, è la risposta allo stimolo incondizionato, ovvero la risposta incondizionata! (RI).

Quindi, per non fare confusione: cosa accade? Il cervello associa il suono delle posate al pranzo!

Ecco che – anche senza aver visto le portate, senza neppure averne sentito i profumi – il tuo stomaco si farà sentire. Al tintinnio di forchette e coltelli il tuo corpo si prepara già a digerire!

Condizionamento Classico: quando nella vita di tutti i giorni?

L’esperimento di Pavlov e il condizionamento classico non influenzano solo il nostro comportamento a tavola, ma in tantissime occasioni della vita. Pensa ad esempio al cuore che batte quando la persona che ti piace ti invita o accetta l’invito ad uscire con te: non è accaduto nulla, ma già si prevede una serata stupenda! Immagina una paletta alzata: uno stimolo di per sé poco indicativo, ma che modifica significativamente il proprio senso se ad alzarla è un vigile che coordina il traffico a una rotonda, oppure un carabiniere al ciglio della strada. Il suono della sirena, un profumo famigliare, un paesaggio particolare, quella frase tanto importante per un motivo a te caro che non ti va di condividere con gli altri.

Tantissime volte siamo influenzati da stimoli più o meno neutri, che tuttavia nel corso dell’esperienza modificano la loro tonalità. Spesso possiamo intervenire su questi colori, certe volte invece ne siamo socialmente influenzati – oppure si generano nel sottobosco della nostra coscienza. Vuoi un consiglio? Per avere una migliore padronanza delle tue azioni e del tuo mondo, prova a porre attenzione agli stimoli che ti circondano… almeno fino al prossimo suono di posate. Buon appetito!

A presto,

Giuseppe Marino