E così Stradella conobbe il dramma dei baobab.

Qualche giorno fa, ho condiviso con Oliviero Maggi e con la Provincia Pavese un pensiero (in allegato il link) sulla tragica vicenda che ha coinvolto Pandi e Simone (qui il fatto). Riporto di seguito il messaggio per intero, perché possa essere un ulteriore piccolo spunto per aprire il dialogo su una difficoltà che esiste e non va sottovalutata. ⬇

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Occorre fermarsi e riflettere tutti insieme sugli eventi che ci hanno coinvolto nelle ultime settimane. Come esempio e filo conduttore, utilizzerei il capolavoro letterario di Antoine de Saint-Exupéry per arrivare a tutti: agli adulti, ai ragazzi e anche ai bambini – se qualcuno avrà l’accortezza di riflettere costruttivamente con loro.

Il capitolo V del Piccolo Principe parla della cura del proprio mondo. L’autore spiega che ogni pianeta ha semi buoni e semi cattivi. Una volta cresciuti, il Piccolo Principe strappa le piantine di baobab prima che si ingrossino fino ad infestare il suo pianeta natale. Qua la meraviglia del racconto, perché anche il Piccolo Principe può sbagliare e agire di fretta. Il problema, difatti, si ripresenta quotidianamente sul piccolo pianeta.

Partendo da questo incipit, vorrei riflettere assieme a tutti sull’omicidio che si è consumato nella nostra comunità.

La violenza dell’accaduto ci ha travolti tutto d’un tratto! Il dramma è stato inevitabile. Ancora oggi ci osserva. Il delitto ci guarda in faccia: risveglia le nostre coscienze, desta la nostra attenzione, ci scompensa e ci disturba. Allora, l’agitazione e lo sfogo prendono il sopravvento. Come il Piccolo Principe, strappiamo di fretta i germogli infestanti. Nascondiamo, rimandiamo, proiettiamo all’esterno tutto ciò che ci infastidisce, ci addolora o ci fa orrore. L’ingiusto deve necessariamente trovare causa nell’altro. Le colpe ricadono allora sulla società, tra le nuove generazioni, nello straniero, sulle amministrazioni locali e così via. Ci rifugiamo nei giudizi, soffochiamo le opinioni ed evitiamo le critiche. Ci occorrono punti fermi: come un bel prato pulito dai baobab, almeno temporaneamente, finché il problema non si ripresenterà. Questo certo può aiutarci a stemperare l’umore, ma risolve veramente il problema?

Un’altra riflessione riguarda poi la conoscenza dei semi, ovvero la consapevolezza del nostro essere umani. Infatti, tutti noi siamo composti da semi buoni e semi cattivi: le pulsioni che ci costituiscono sono universali. Ognuno di noi dentro l’anima nasconde tanti semi differenti: conoscerli ci aiuta a sceglierli e determina le nostre azioni. La seconda domanda che allora potremmo porci è: quale identità riusciamo a garantire ai nostri giovani? Ed ancora, noi… quanto effettivamente ci conosciamo?

Infine, lavorare il terreno è più costruttivo che strappare le erbacce (che poi sono le nostre angosce, i nostri timori, le nostre paure). Scavando a fondo, tra le radici, analizzando il sottosuolo e interessandoci alla composizione della terra, potremmo avere effettivamente la misura di ciò che occorre per migliorare il  nostro raccolto. Non più supposizioni e preconcetti, ma domande e risposte. Non più pregiudizi, ma una partecipazione interessata allo sviluppo comune. E quindi: sappiamo quali sono i veri problemi su cui lavorare?

Attraverso l’impegno, la conoscenza e il confronto potremmo prenderci assieme cura della nostra terra. Allora, riusciremo a determinare in maniera responsabile molto di ciò che crescerà tra le nostre case e potremmo rasserenare così le strade su cui matura Stradella.

Cominciamo?

Giuseppe Marino