Cos’è l’Amore? Una domanda potentissima, frequentissima e forse al contempo tanto impossibile da rispondere. Probabilmente è proprio questa sua caratteristica, così evanescente, a renderla ancora tanto interessante ai nostri occhi, dopo millenni di storia umana! Cos’è l’Amore? Se lo sono chiesti praticamente tutti sulla faccia della terra. Ogni uomo, ogni donna ha sperimentato gli inganni, i turbinii, i fuochi e le energie di questo sentimento.

Cos'è l'Amore? Chi sa davvero cos'è?

C’è qualcuno, però, tra le miliardi di persone che hanno passeggiato su questa terra, che a mio parere ci ha regalato una splendida definizione dell’Amore. Questa persona è Socrate e riporto la sua spiegazione articolo. Comprendere anche solo questa idea dell’Amore può aiutarci a muoverci in questo eccezionale, quanto pericoloso, sentimento che è l’Amore.

Socrate, il filosofo che sa di non sapere

Credo che tutti noi conosciamo Socrate per il suo celebre “So di non sapere”, con il quale inveii contro i sofisti:

«Certo sono più sapiente io di quest’uomo, anche se poi, probabilmente, tutti e due non sappiamo proprio un bel niente; soltanto che lui crede di sapere e non sa nulla, mentre io, se non so niente, ne sono per lo meno convinto, perciò, un tantino di più ne so di costui, non fosse altro per il fatto che ciò che non so, nemmeno credo di saperlo»

Socrate è il filosofo dell’incerto, che con metodo mette in discussione la presunta verità. Le sue parole stillando il dubbio, aprono alle domande, cercano e curiosano dentro quelle convinzioni dell’uomo – che il filosofo destruttura riaprendo la ricerca. Ma cosa c’entra Socrate con l’Amore?
Ebbene, che tu ci creda o meno, su una cosa Socrate era certo: l’Amore sapeva benissimo cosa fosse.

Socrate e la consapevolezza dell’Amore

Socrate, si sa, non lasciò nulla di scritto. I suoi insegnamenti ci arrivano dal suo discepolo: Platone. Sarà proprio lui a raccontarci di come Socrate, una sera, diede una definizione stupenda dell’Amore. Quando il filosofo si pronunciò sul sentimento d’Amore sedeva a un banchetto offerto dal poeta Agatone. Il padrone di casae aveva raccolto alla propria mensa diversi luminari dell’epoca per parlare di Eros. Da questi dialoghi nascerà uno dei testi più famosi di Platone, ovvero il celebre “Simposio“.

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Dopo il susseguirsi di dispute e confronti (tra cui il celebre racconto dell’androgino) ecco – per ultimo – parla Socrate . Sarà proprio in questa occasione che il filosofo stupirà tutti dicendo che dell’Amore lui ha “episteme”, ovvero ha una conoscenza che sta su da sé, che è vera e non necessita argomentazioni. Straordinario se ci si pensa: Socrate, il filosofo della dotta ignoranza, che si azzarda nell’affermare di avere una conoscenza! E su cosa ha conoscenza Socrate? Addirittura sull’Amore!

Egli, però non si ferma qui e racconta di come sia venuto a conoscenza della natura dell’Amore:

“Io so di non sapere, ma ho episteme dell’Amore… perché me l’ha insegnato una donna”.

Una donna. In un mondo dominato dagli uomini, dove il genere femminile (se non per alcuni rarissimi casi) era tenuto distante dal pensiero filosofico e dalle riflessioni sul mondo, perchè considerato più vicino alla pazzia che al pensiero logico, ecco che fa chiarezza sull’Amore la luce di una donna. Stiamo parlando di Diotima di Mantinea, sacerdotessa che educò il giovane Socrate alle vie dell’Amore.

La nascita dell’Amore: figlio di “Ingegno” e di “Povertà”

La nascita dell'Amore: figlio di

Socrate allora ci parla della nascita dell’Amore. Secondo la leggenda, ai festeggiamenti per la nascita di Afrodite, dea della bellezza, stavano due personaggi: Poros (Espediente o Ingegno) e Penìa (Povertà). Penìa, per la sua condizione di miseria, rimaneva in disparte e raccoglieva da terra le briciole del pasto. Poros invece era un invitato, ma praticamente ignoto alla tradizione greca.

Fu così che, durante la festa, Poros si ubriacò e si addormentò su un prato e Penìa, vendendolo, decise di unirsi a lui. Dal loro incontro nacque Eros, Amore, che per esser stato concepito durante la festa di Afrodite, è per sua natura amante del bello. Qui di seguito c’è però la descrizione che Socrate fa dell’Amore, così bella che ho voluto riportarla:

Perciò, in quanto figlio di Poros e di Penìa, Amore si trova in questa condizione: in primo luogo è sempre povero e tutt’altro che tenero e bello, come invece ritengono i più, anzi è aspro, incolto, sempre scalzo e senza casa, e si sdraia sulla terra nuda, dormendo all’aperto davanti alle porte e per le strade secondo la natura di sua madre, e sempre accompagnato dall’indigenza.

Invece per parte di padre insidia i belli e i virtuosi, in quanto è coraggioso e ardito e veemente, e cacciatore astuto, sempre pronto a tessere intrighi, avido di sapienza, ricco di risorse, e per tutta la vita innamorato del sapere, mago ingegnoso e incantatore e sofista; e non è nato né immortale né mortale, ma in un’ora dello stesso giorno fiorisce e vive, se la fortuna gli è propizia, in altra invece muore, ma poi rinasce in virtù della natura del padre, e quel che acquista gli sfugge sempre via, di modo che Amore non è mai né povero né ricco, e d’altra parte sta in mezzo fra la sapienza e l’ignoranza.

Socrate e la definizione dell’Amore

Cos’è quindi l’Amore? Per Socrate l’Amore è mancanza e ricerca. L’Amore è il desiderio vissuto nella condizione di povertà. Non è tenero e dolce, ma forte e talvolta crudele. Dentro Amore, difatti, si annida la follia, perchè esso è stato generato tra gli dei. Gli dei erano ritenuti dai greci entità irriverenti e senza freni, che impersonificavano ciò che più l’uomo teme e ciò a cui forse aspira. Amore nasce da Poros, che tradotto significa “ingegno”, ma anche “via d’uscita”… e quindi Amore diventa anche una via, un intermediario tra il mondo dei mortali e quello divino: la sua funzione è mantenere in contatto entrambe le sfere, altrimenti non concibiliabili.

Amore è quindi un ponte tra l’uomo e il caos, tra la miseria dell’essere vivente e la potenza del divino. È un balzo nell’ultraterreno, per sbirciare cosa c’è oltre noi stessi. Quando ci si innamora si cambia, ci si trasforma, spesso ci si perde. È forse, allora, questo che cerchiamo nell’Amore: dissiparci per un attimo per tuffarci nella totalità della follia, certi però che l’amante non ci lascerà vorticare per sempre nel divino. Per questa caratteristica l’Amore è anche fiducia e riconoscimento dell’altro.

Questa oscillazione è la danza dell’Amore, dove l’abbraccio serve a trattenere e l’amplesso a perdersi nella pienezza, per ritornare di nuovo sulla terra in modo diverso, con un vocabolario più ricco e creativo.

A presto,
Giuseppe M.